Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 204
novembre 1993


Rivista Anarchica Online

L'anarchismo e il presente
di Peter Schrembs

In uno studio apparso nel già lontano 1977, il titolare della cattedra di scienze politiche dell'Università di Gottingen, Peter Losche, ha tentato di effettuare una sorta di inventario dello stato attuale delle ricerche sull'Anarchismo (1). Nelle sue conclusioni, l'autore constata l'esistenza di un considerevole deficit teorico per quanto concerne l'analisi dell'origine e dell'impatto della dottrina e della prassi anarchiche. In particolare, e tralasciamo gli scritti polemici e di battaglia, mancano risposte a domande di fondo, come: qual è il rapporto tra Anarchismo e sviluppo delle forze produttive? L'Anarchismo è una ideologia di classe, una teoria sociale o cos'altro? È possibile generalizzare la tesi di Hobsbawm per cui l'Anarchismo, in quanto movimento sociale, compare alla fase di transizione tra il declino del feudalesimo e l'affermazione del capitalismo ed è inesorabilmente condannato alla sparizione con il progresso di quest'ultimo? L'impazienza rivoluzionaria condanna l'Anarchismo a un eterno fallimento?
D'altra parte, sostiene Losche, l'Anarchismo stesso apre tutta una serie di interrogativi rivolti alle scienze sociali, come: esiste una relazione tra la complessità dell'assetto sociale e le possibilità di applicazione di principi quali il federalismo e l'autogestione? Il progetto anarchico è compatibile con una economia di mercato? L'assenza di una volontà impositiva equivale a una condanna all'eterna marginalità?
Esistono tuttavia, continua Losche, alcuni recenti approcci ai problemi dell'Anarchismo che propongono elementi in parte del tutto nuovi, in parte attualizzati, rispetto all'Anarchismo storico e alla critica storica dell'Anarchismo.
Fra questi vengono individuate alcune correnti riassumibili sinteticamente in sette posizioni: le tendenze antidogmatiche della Nuova Sinistra, il marxismo libertario di Daniel Guérin, la critica (neo-)marxista dell'Anarchismo (Wolfgang Harich), la critica democratico-istituzionale dell'Anarchismo, l'Anarchismo pragmatico anglosassone (Colin Ward, April Carter), il communalismo nonviolento libertario americano e l'Anarchismo di derivazione esistenzialista di Peter Heintz (2).
Mentre le altre tendenze sono abbastanza note anche in Italia, l'«Anarchismo esistenzialista» di Heintz è ancora pressoché sconosciuto (3). Giovane assistente presso l'Istituto di Sociologia dell'Università di Colonia, Heintz pubblica nel 1951 , in singolare coincidenza con la prima edizione di «L'Homme révolté» di Camus, uno studio dal titolo «L'Anarchismo e il presente». Il lavoro è diviso in due parti: la prima parte è dedicata all'analisi del cosiddetto «Anarchismo negativo», ossia la critica anarchica del potere, mentre nella seconda parte Heintz segue le tracce libertarie che scorge, nonostante il predominio dell'autoritarismo, nel mondo contemporaneo. Questi «spazi a debole densità normativa» vengono da Heintz individuati soprattutto in campo culturale e scientifico. Nel mondo dell'arte, per esempio, Heintz constata questa «apertura verso l'ignoto» in manifestazioni dell'arte moderna come l'impressionismo: «esattamente come l'impressionismo nella pittura ha significato l'emancipazione dell'artista dalla pittura accademica, così la visione anarchica corrisponde al tentativo di liberarsi da ogni interpretazione convenzionale del mondo». Ma anche in fenomeni artistici più recenti, come il surrealismo e il dada, vive secondo Heintz il piacere del «merveilleux» di cui parla Breton nel Manifesto del surrealismo. In altre parole, si tratta di contrapporre l'infinita molteplicità del reale a qualsiasi forma di cristallizzazione e schematizzazione secondo un approccio euristico perfettamente centrato da Andrea Papi: «(...) la mente deve aprirsi, supporre e accettare che la realtà è composta di moltissimi contrasti all'apparenza contraddittori, i quali possono continuare a manifestarsi senza bisogno di venire soppressi o imbrigliati. I modi di essere sono sempre molteplici e spesso imprevedibili, creativi» (4). Chiaro, in Heintz, il riferimento a Proudhon, tant'è vero che due anni dopo l'uscita di 1'«Anarchismo e il presente» pubblica un'altra ricerca dedicata appunto al teorico francese dell'autogestione dal titolo: «La problematica dell'autorità in Proudhon». In effetti, Heintz, che successivamente occuperà la cattedra di sociologia dell'Università di Zurigo proponendo una originale «teoria dei sistemi societali» si è largamente ispirato alla sociologia di Proudhon il quale, come ebbe a dire Gurvitch, è «ispirato da una visione della diversità infinita del mondo in movimento» (5). Un'intuizione, questa, fatta propria dall'epistemologo Paul Feyerabend, che nel suo trattato «Contro il metodo» riconosce che «l'anarchismo non è soltanto possibile, ma è necessario tanto per il progresso interno della scienza quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso» (6). Quale noto precursore di questa impostazione non-universalista dell'approccio scientifico alla realtà, Heintz considera lo scopritore del «principio di indeterminazione», il fisico Werner Heisenberg, ma anche i più recenti sviluppi nella ricerca scientifica esprimono alcune tendenze che si muovono nella stessa direzione (si possono citare per esempio i nomi di Henri Laborit, Ilia Prigogine, Benoit Mandelbrot, René Thom). Tutto ciò potrebbe voler dire che, almeno in campo culturale, l'essere umano sta lentamente imparando a convivere con l'idea del caos, ossia con l'idea che non necessariamente la realtà corrisponde alla linearità di un modello universalista progettato da un Grande Architetto. Procedendo nell'indagine sulle tracce libertarie nel mondo contemporaneo, Heintz ha saputo molto opportunamente mettere a profitto una scoperta essenziale dell'Anarchismo storico, ossia il carattere ideologico delle pretese giustificazioni della necessità di una autorità superiore. In corrispondenza alle più recenti teorie sociologiche e all'analisi critica delle istituzioni (Herbert Marcuse, Michel Foucault, Erving Goffman, René Lourau) il potere viene definito in termini di discriminazione, schematismo e cristallizzazione in contrapposizione a una realtà sociale contraddittoria e conflittuale, in costante evoluzione. In altre parole, alla base del potere v'è un assunto metafisico in virtù del quale la convivenza non disciplinata da un'autorità gerarchica è impossibile in base al cosiddetto «principio di Hobbes». La critica dell'Anarchismo storico a questo assunto, fondata da Bakunin e sviluppata da Kropotkin, trova riscontro anche nella nuova etnologia, segnatamente nei lavori di Pierre Clastres e di Emanuele Amodio. Altre argomentazioni a sostegno del code sociologico sviluppato da Heintz sono state elaborate a partire dall'ormai classica indagine di Horkheimer e Adorno sulla formazione della personalità autoritaria. Anche in campo sociale è in primo luogo l'assenza di certezze che determina il bisogno di autorità, ossia il bisogno di compensare un deficit di sicurezza con quella che Erich Fromm ha chiamato «fuga dalla libertà».
Di fronte alla tentazione di trasferire chiliasticamente l'incertezza del presente a un domani radioso, Heintz propone, a prima vista sorprendentemente, un Anarchismo non utopistico, basato sulla ricerca di spazi a debole densità normativa: troppo viva è tuttora la terrificante visione della terra come campo d'esercitazione di masse disciplinate, disposte a perdere la libertà propria e altrui in nome di una proiezione utopica. Una legge dei rapporti sociali universalmente valida richiede infatti regolarità sociali possibili solo all'interno di una struttura di potere più o meno autoritaria. In questo senso, Heintz interpreta la teoria anarchica come uno strumento di analisi del presente in chiave non-utopica. Finalmente, la società dell'abbondanza crea le condizioni (già oggetto di ampie analisi e teorizzazione da parte di Marcuse e di Murray Bookchin) per la dissoluzione della gerarchia all'interno di una «società ecologica» (Bookchin) ove «alla legge imperativa si sostituisca l'accordo solidale; allo sfruttamento del lavoro l'autogestione dei lavoratori; alla proprietà privata dei mezzi di produzione il loro possesso sociale e individuale» (7).

*Peter Heintz, L'Anarchismo e il presente. Tracce libertarie nel mondo contemporaneo. Edizioni La Baronata, casella postale 22, CH-6906 Lugano 6, 1993, 191 pagg., Lit. 25000.

1) E. Losche, Anarchismus, Darmstadt 1987 (2).
2) Ivi, p. 131 e segg.
3) Cfr. Rudolf de Jong, Bilancio e prospettive dell'Anarchismo, in «Volontà», n. 4,1984.
4) A. Papi, La nuova sovversione ovvero la rivoluzione delegittimante, Pistoia 1985, p. 82.
5) G. Gurvitch, Proudhon, Napoli 1974.
6) P. Feyerabend, Contro il metodo, Milano 1990, p. 147.
7) AA.VV., Anarchismo '70, un'analisi nuova per la strategia di sempre, Cesena 1973, p. 14.